Testimonianza di un incontro

Basta dedicare una giornata a questo tema? La Parrocchia di San Gregorio VII in vista della VI giornata mondiale dei poveri si è interrogata ed ha lanciato la sfida di ospitare nelle proprie case persone che abitano in strada e che difficilmente possono vivere l’esperienza di un pranzo in famiglia.
Si una sfida, che fa riflettere su cosa significhi davvero essere non solo per l’altro ma con l’altro. Molti di noi sono impegnati in attività di aiuto e assistenza ma aprire la propria casa, farli entrare nella propria intimità familiare come amici è altro. È un cambio di passo in cui tutti noi, più o meno attivi nel volontariato, ci siamo ritrovati coinvolti, prima nel dire un si, poi nel doverci confrontare con l’accoglienza e, ancora, in un faccia a faccia con le persone da ospitare.
Come sarebbe stato? A me sono venuti in mente tutti i motivi per cui avrei potuto dire no. Poi ho pregato e mi sono affidata, si perché dove non arriviamo noi fortunatamente arriva il Signore che ci guida, sempre, anche in questa avventura, così ho aderito.
Abbiamo organizzato un bel pranzo a casa di Lara e del figlio Alessandro, un gruppo di persone diverse tra loro per età ed esperienze ma unite dall’essere parte di una comunità. Un diverso modello di famiglia e fratellanza.
Tutti abbiamo cucinato, portato qualcosa, contribuito. Abbiamo organizzato con attenzione e cura, come si fa quando si hanno ospiti importanti.
Sono venuti Riccardo e Graziella. Graziella è sposata con Giuseppe che però e rimasto in compagnia del cane che non poteva restare solo. E’ vero che conoscevamo entrambi da tempo ma come misurare la conoscenza di persone che vedi, passi a trovare una volta a settimana quando fai il servizio?
Abituati a vederli per 10/15 minuti, sempre di passaggio, confesso di essermi chiesta che ci diremo per tutto il tempo di un pranzo? Ci sarà imbarazzo? Ci saranno i classici silenzi che tutti noi abbiamo vissuto in tante occasioni o visto in qualche tavolo vicino al nostro?
Appuntamento domenica ore 12.45 a piazza Leonina senza sapere cosa aspettarsi. Questo lo spirito quando ho incontrato Vera (che per età potrebbe essere mia figlia), Antonello, Alessandro – che ci ha guidati a casa dove ci aspettava la madre Lara – e Graziella e Riccardo.
Lungo il tragitto gli uomini camminavano avanti, con Graziella e Vera abbiamo subito scherzato che l’ultimo cavaliere era Giuseppe, il marito di Graziella, che si era sacrificato a restare con il loro cane per consentire alla moglie di venire con noi.
A casa Lara aveva preparato una bella tavola, c’era profumo di forno e accoglienza, abbiamo aperto un buon prosecco e brindato. Fra lasagna, parmigiana, polpettone, torta, caffè, ancora caffè, tante risate e Laika, il cane di casa, che impazzava su tutti, in particolare sugli invitati che pareva conoscesse da sempre, sembravamo una combriccola di persone abituate a stare insieme, a condividere giornate in chiacchiere.
Graziella e Riccardo ci hanno regalato racconti e aneddoti della propria vita, ci siamo aperti e confrontati su tanti argomenti, abbiamo parlato di chi siamo, delle nostre storie, di successi e insuccessi, esperienze che ci accomunano tutti. Abbiamo parlato di fede e chi si dichiarava agnostico, alla fine, si è scoperto che ha come guida di vita il principio “non fare all’altro ciò che non vuoi venga fatto fatto a te”.
Graziella ci ha raccontato della sua famiglia di origine e dell’incontro con il marito, del rapporto che hanno. Sentirla parlare di lui con tanta delicatezza e amore, nonostante le difficoltà quotidiane, fa davvero riflettere oggi che, come diceva Vera – a cui va, assieme ad Alessandro, la palma dei più saggi – i giovani sono invece sempre più in difficoltà nel decidere di sposarsi e fare una famiglia, alla ricerca di certezze su certezze. Tipo: avere un lavoro ciascuno, trovare la casa, fare un periodo di convivenza e, poi, almeno, sapere tutto di se e dell’altro.
Graziella ascoltava sorridente, nessuno tra noi, più di lei, poteva rappresentare e avrebbe potuto raccontare l’imprevedibilità dell’esistenza ed il valore di una scelta di coppia che è stata, nel loro caso, davvero per sempre, nel bene e nel male. Abbiamo parlato di amore con chi, quando lo ha promesso, lo ha mantenuto.
Fra le chiacchere Riccardo ha raccontato la sua storia, fatta anche di errori ma non solo. Una storia di lavoro, prima come dipendente sfruttato poi come imprenditore che anche quando le cose sono andate male ha sempre invece rispettato chi ha lavorato per lui, pagando il dovuto e liquidando l’attività solo dopo aver saldato ogni pendenza con i dipendenti che, con orgoglio, ha raccontato che non hanno mai potuto dirgli niente.
Abbiamo parlato delle 10 Parole, del valore di viverle anziché solo pronunciarle, di cosa voglia dire il percorso con chi pur non possedendo beni e potrebbe avere anche motivi per essere un po’ arrabbiato, vive invece la sua croce senza sentirsi per forza in credito con l’esistenza. Abbiamo vissuto una grande umanità, compreso che le difficoltà non sempre piegano e che il poco può riguardare i beni ma non il cuore.
Ci siamo ritrovati alle 16.30 ad avere trascorso una domenica assieme, volata, in compagnia, tutti felici e, in fondo, neanche meravigliati. Ci siamo salutati con Lara che diceva “tanto lo rifacciamo”. Ed era davvero così, abbiamo trovato gioia e serenità e ritrovato lo spirito di stare insieme in famiglia anche chi, magari per vicende varie della vita, non vi era più abituato, dimostrazione che la comunità può essere famiglia, dipende solo da noi.
È stato un momento di verità, per tutti. La verità degli incontri tra fratelli, quelli messi sulla nostra strada dal caso o dalla misericordia. Fratelli di strada, di chiesa, di servizio, di cuore.
A volte basta questo, la disponibilità ad accogliere per avere occhi e cuore nuovi.

(I nomi sono inventati per preservare la privacy)

Ofelia

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