SIAMO TUTTI FIGLI ADOTTIVI

SIAMO TUTTI FIGLI ADOTTIVI
Persona, coppia, famiglia: FERTILI O FECONDI?
DOMENICA 16 OTTOBRE 2022 – ORE 17.00
La fertilità è un dono?
La fecondità è una scelta?
La vita si genera solo dal tuo corpo o passa anche attraverso la tua risposta d’amore a un Tu?
A queste, come ad altre domande, proviamo a rispondere in una serata di incontro e confronto, mettendoci in dialogo con alcuni che hanno percorso vie di fecondità e incontrato volti e storie di salvezza.

Giovanni è ingegnere, Maria Rosaria insegnante in un liceo, sono autori di Un rapper alieno è atterrato nella nostra famiglia. Diario sincero di un’adozione internazionale (Tau, 2017), E voi ancora niente figli? Al di là della fertilità: la chiamata di ogni coppia alla fecondità (San Paolo, 2021).
Entrambi consulenti familiari, sono stati impegnati nel cammino per coppie della Comunità Chemin neuf, attualmente partecipano al Progetto misterogrande, un percorso che desidera far riscoprire e promuovere la bellezza del sacramento del matrimonio.
Dall’amicizia con i Frati minori dell’Umbria è nata la loro collaborazione alle attività che i francescani propongono per i fidanzati e per le giovani coppie di sposi e insieme a loro hanno dato vita al ritiro “Conta le stelle” per coppie alle prese con l’infertilità.
Con un gruppo di famiglie hanno fondato l’associazione “Rete Famiglie Adottive” di cui sono presidenti dal 2016 e rappresentanti nel Care.
Per approfondire: http://noi.gentili.org

Federica e Maurizio Moneta sono una coppia sposata da 25 anni e da sempre impegnati in attività di sostegno e solidarietà alla famiglia, alle mamme, ai bambini, in tutte le situazioni di maggiore fragilità.
Hanno 3 figli , di cui una disabile, e hanno accolto in affido da diciotto anni una quarta “figlia”. Da sempre sono pienamente attivi e impegnati nella Casa Betania, casa famiglia per mamme e bambini e fulcro di altre numerose attività solidali. Fanno parte da molti anni del Movimento Equipe Notre Dame, movimento di formazione spirituale per coppie.
L’adozione non è un legame di tipo secondario, non è un ripiego. Questo tipo di scelta è tra le forme più alte di amore e di paternità e maternità. Quanti bambini nel mondo aspettano che qualcuno si prenda cura di loro! E quanti coniugi desiderano essere padri e madri ma non riescono per motivi biologici; o, pur avendo già dei figli, vogliono condividere l’affetto familiare con chi ne è rimasto privo. Non bisogna avere paura di scegliere la via dell’adozione, di assumere il “rischio” dell’accoglienza. Avere un figlio sempre è un rischio, sia naturale sia d’adozione. Ma più rischioso è non averne. Più rischioso è negare la paternità, negare la maternità, sia la reale sia la spirituale.
(Papa Francesco)
Per approfondire…
Nella società in cui stiamo vivendo in cui denunciamo “l’assenza del padre”, ci rendiamo sempre più conto, paradossalmente, che abbiamo bisogno di riconoscerci “figli”. Se questo è condiviso anche dalle persone non credenti, da parte dei cristiani necessita una riflessione più approfondita. San Paolo nella Lettera ai Galati ci invita a riconoscere che siamo tutti figli adottivi del Padre in Cristo Gesù. Ci siamo voluti interrogare come comunità su questa dimensione teologica e spirituale e riflettere su quali ricadute abbia sulle nostre relazioni fraterne e sulla nostra vita pastorale. Essere tutti figli adottivi è una dimensione che permette di leggere la nostra maternità e paternità in chiave molto più ampia rispetto a quella squisitamente biologica. Nella fede, infatti, riconoscendo l’amore unico e irripetibile del Padre per ogni sua creatura e come questo amore se condiviso possa donare vita a chi incontriamo si sperimenta una fecondità del tutto nuova e oltre la fertilità genitale.
È vero: quando si parla di fecondità il pensiero va spontaneamente alla fertilità biologica, alla capacità di procreare, di generare.
Se però si va con attenzione al significato di questa parola, gli orizzonti si allargano.
Fecondità è termine di origine latina costituito da due termini: fere che significa nutrire e iucundus che è legato al verbo iuvare, quindi giovare, favorire, portare vantaggio. Nella parola fecondità si trovano dunque due elementi ben integrati tra loro: il nutrire e il giovare, l’insieme ci dà il significato unitario del “far crescere portando bene” a qualcuno o a qualcosa. Con questa consapevolezza non è possibile limitarci ad affermare la fecondità solo come trasmissione della vita in senso procreativo, è invece corretto pensare a modalità generative di più ampio respiro, ad una trasmissione della vita che investa non solo il corpo ma anche la mente e lo spirito.
Nutrire e giovare, far crescere e portare bene, può valere solo per un figlio che nasce? O non piuttosto essere fecondi nel senso di nutrire e giovare, far crescere e portare bene a tutte le persone che avviciniamo e in tutte le situazioni che viviamo? Si tratta allora di cercare in modo consapevole tutti quegli itinerari di fecondità che permettono ad ogni uomo di essere nutrimento e giovamento per ogni altro uomo, che consentono all’amore di farsi carne non solo nel figlio che si genera ma nelle possibilità di vita che si generano per ogni fratello.
Ci sono nel mondo uomini e donne mai nati perché non sufficientemente amati, non sufficientemente nutriti di amore e di accoglienza alla vita. Ci sono uomini e donne che hanno procreato più figli ma rimangono sterili per la loro incapacità di farsi dono l’uno per l’altra e insieme verso gli altri.
Sentirsi tutti “figli adottivi” ci deve spingere ad accogliere l’invito di Dio a considerare la vita nostra e dei nostri cari non un possesso da custodire gelosamente, ma un frutto d’amore da saper rioffrire al Signore con generosità e nella libertà. Meditare su questo, attraverso l’ascolto della Parola – la Bibbia è colma di esempi in tal senso – e la condivisione con persone che nello studio e nella vita quotidiana hanno affrontato questo tema ci ha indotto ad offrire uno spazio di riflessione su questa realtà che ci coinvolge tutti
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