Ecco, com’è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme!” Il canto di lode del Salmo 133 ha veramente riecheggiato nei cuori e nelle parole di tutti al termine della settimana comunitaria che abbiamo trascorso ad Andalo, fra le Dolomiti di Brenta, dal 21 al 28 agosto scorsi. Era da tempo che la parrocchia aspettava quest’occasione e finalmente, dopo un anno difficile, all’insegna della distanza e delle precauzioni, il Signore ce l’ha donata, attraverso la volontà e l’impegno di tutti. 15 coppie, con 32 figli, dai 18 anni agli 8 mesi, accompagnati da padre Manuel, padre Marco e suor Provvidenza. Un gruppo, quindi, davvero eterogeneo, per lo più di parrocchiani, ma non solo, con la gradita presenza di una coppia di un’altra parrocchia romana, una di Perugia, una di Terni e una di Ferrere, un piccolo comune in provincia di Asti. Molti volti si sono conosciuti la prima sera, ma subito il clima si è fatto fraterno: in ciascuno c’era un bisogno profondo di fare una vacanza diversa, in cui oltre alla bellezza indiscussa del Creato, la cifra distintiva fosse la convivialità, la gioia profonda di condividere gli spazi sobri della essenziale ma accogliente casa per ferie, il gusto di pranzi e cene in comune serviteci con cura e passione dall’esperto Giacomo, il tempo non scandito solo dall’orologio ma piuttosto dal piacere puro e semplice di stare insieme e di raccontarsi. Non era scontato, ma ci speravamo in tanti: il camminare insieme, complice un tempo che – a dispetto delle più infauste previsioni – si è rivelato più che clemente, ha dato spazio al dialogo quello autentico, in cui non ci si ascolta per dovere o per dare subito una risposta, una prestazione all’altezza delle attese… Ci siamo raccontati ed ascoltati per quello che eravamo e siamo: famiglie in cammino. Chi più avanti negli anni, a discernere come lasciar volare i figli fuori dal nido, chi alle prese con i capricci e qualche marachella non prevista, chi ancora con le orecchie assuefatte al pianto sconsolato, la manualità esperta di cambiare pannolini in tempi record e quella di passarsi marmocchi da braccia a zaini e passeggini con estrema non chalance. Tutti insieme, uniti, desiderosi di dirsi, di guardarsi negli occhi, di rendersi conto che siamo tutti lungo lo stesso sentiero, solo a tappe differenti, che si può trasferire consigli dai più stagionati ai più giovani perché ci si è già passati e infondere speranza dagli ultimi arrivati a quelli più avanti perché la vita non si ferma e il Signore non si stanca di darci nuovi figli. Negli occhi dei bambini, nelle loro domande, nei loro giochi insieme, nell’affetto di quelle mani piccole che prendono le grandi per sentirsi più sicuri sulla strada c’era e c’è tutto il senso del nostro essere Chiesa in cammino. Un poliedro di vocazioni e carismi, tutti peculiari, unici, tasselli insostituibili di un mosaico sempre in divenire. Davvero una sinfonia che la mente di Dio ha escogitato perché tutti ci sentissimo beneficiari di una Grazia sempre più grande della nostra immaginazione e responsabili di un annuncio di bene che è nelle nostre corde, spetta alle nostre case saper diffondere per attrarre i fratelli non tanto con le parole ma con la testimonianza della nostra gioia. Nel corso della settimana gli animatori ci hanno formato con tre incontri molto intensi, il primo sulla dimensione sacramentale del nostro matrimonio, con tutto il patrimonio di fecondità insito nel nuovo rito che immette davvero gli sposi nella vita della Chiesa come ci ha detto con passione il sacerdote trentino don Sergio Nicolli, già responsabile della pastorale famigliare della Cei. Poi padre Marco (che ha preso il posto di don Sergio in Cei) ci ha aiutato a mettere a fuoco i temi forti della nostra genitorialità, con una vivace relazione a partire dal racconto de “La Gabbianella e il Gatto” di Sepulveda, in parallelo con passi ad hoc del Vangelo. Infine padre Manuel ci ha aiutato a discernere con fede l’opportunità che sono i momenti di crisi della coppia e dove si radica il significato dell’indissolubilità delle nostre nozze. Così come nell’ascolto di questi temi e nelle domande che sono sorte (ma il tempo per confrontarci è sembrato non bastasse mai!) tutti abbiamo saggiato le nostre forze con prove più o meno impegnative…. C’è chi è salito in seggiovia chiudendo gli occhi e superando la paura, chi è andato oltre il timore di non riuscire ad arrivare alla meta, chi ha dovuto rinunciare a qualcosa perché gli impegni di lavoro lo hanno trattenuto per qualche ora al pc o al telefono e chi si è buscato un fastidioso virus intestinale. Di certo tutti hanno sperimentato una grande libertà da regole rigide, anche se l’organizzazione per una buona convivenza non è mai mancata. In tutti è stata seminata la certezza che in virtù dei sacramenti che viviamo noi stessi siamo Vangelo per i fratelli e lo abbiamo pregato e celebrato anche durante le Eucarestie con le vette e i prati a farci da navate. Ci siamo lasciati col desiderio di scendere a valle, in parrocchia e fra gli amici e raccontare i doni ricevuti, nella speranza che questa sia solo la prima di tante altre esperienze che ci confermino, come diceva il saggio Martin Buber, che “il vero vivere è incontrare”.

Giovanni Capetta